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A partire dal 2012 la tassazione sui conti deposito è cambiata radicalmente, con diverse modifiche che si sono susseguite nel corso dei mesi successivi.

I conti deposito, sebbene la propria funzione sia quella di parcheggiare o comunque gestire al meglio la liquidità in un’ottica di breve e brevissimo periodo, sono stati inquadrati dal legislatore come una forma di investimento a tutti gli effetti. In breve sono stati paragonati ai fondi comuni d’investimento.

Da un punto di vista fiscale non cambia nulla sia nel caso in cui si tratta di un deposito libero sia vincolato.

La tassazione sui conti deposito prevede l’applicazione della cosiddetta “patrimonialina”, ovvero di un’imposta sul controvalore dell’investimento effettuato.

Nel 2012 i conti deposito sono stati tassati con un’imposta di bollo proporzionale dello 0,1% sul capitale investito, ma con un tetto massimo di 1.200 euro per evitare esborsi eccessivi in caso di investimenti molto consistenti. L’imposta minima è stata invece fissata a 34,2 euro.

Nel 2013 il bollo proporzionale è salito allo 0,15%, ma senza alcun tetto massimo. Non è cambiato, invece, l’esborso minimo, ovvero 34,2 euro.

La patrimonialina non riguardai conti correnti tradizionali, bancari o postali, mentre è prevista l’imposta di bollo sui depositi vincolati, secondo quanto sottolineato nella circolare 15/E del 10 maggio 2013. Ciò vuol dire che i conti correnti con somme di denaro vincolate sono soggette all’imposta di bollo dello 0,15%.

L’imposta di bollo dovrebbe essere addebitata dalla propria banca con periodicità annuale, ma è frequente l’addebito frazionato per trimestri.

Per quanto riguarda, invece, la tassazione sugli interessi ottenuti su un conto deposito, l’aliquota è rimasta invariata al 20% a partire dal 1° gennaio 2012 (in precedenza era più alta, pari al 27%).

Il risparmiatore che punta sui conti deposito per remunerare la propria liquidità dovrà quindi pagare due tasse: l’imposta di bollo proporzionale dello 0,15% sul capitale investito e la ritenuta fiscale del 20% sugli interessi maturati.

conto deposito imposta di bollo
Conto deposito: imposta di bollo

Conti deposito: a quanto ammonta la tassazione?

A quanto affermato fino a questo momento dobbiamo aggiungere anche una tassazione derivante da ritenuta fiscale pari al 26%.

Si tenga conto anche che il conto deposito comporta il pagamento dell’imposta di bollo, la quale viene stabilita in base ad alcune variabili come:

  • Tipo di rendicontazione adottato dall’istituto di credito;
  • Mesi di vincolo del denaro.

Ritenute fiscali e imposte di bollo

A questo punto possiamo prendere in esame la normativa di settore di riferimento che è la circolare 48/E del 2012, insieme alla 15/E del 2013, dell’Agenzia delle Entrate.

La prima spesa da considerare è quella legata gli interessi generati dal conto deposito che sono oggetti a una ritenuta fiscale del 26%. A questa si aggiunge l’imposta di bollo.

L’imposta di bollo viene calcolata al momento della rendicontazione del conto deposito. Essa varia a seconda dell’istituto di credito di riferimento. Molti la ritengono annuale, al 31 dicembre, altri invece, trimestrale. In breve è pagata in base al valore del vincolo alla data di scadenza della rendicontazione. Essa è pari allo 0,20% del nominale investito ed è calcolato anche a frazione di anno in cui è stata attiva.

L’imposta minima da pagare è di 1 euro, nel caso in cui al momento della rendicontazione il conto deposito è vuoto perché il vincolo è scaduto o è stato rimborsato. L’imposta di bollo è applicata prendendo in considerazione il vincolo attivato e quindi l’ammontare annuale che viene rapportato al numero di mesi. In questo modo si hanno 2 conti deposito con caratteristiche analoghe e rendicontazioni diverse; il conto con una rendicontazione meno frequente finisce con il pagare un ammontare di imposta di bollo minore.

Trattamento fiscale per i conti deposito: come funziona?

In merito al trattamento fiscale, si deve ricordare che le somme sono soggette a prelievo alla fonte da parte della banca. La ritenuta sugli interessi derivanti da depositi e conti correnti bancari viene disciplinata dal comma 2 dell’art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973.

L’istituto di credito applica una ritenuta sulle somme percepite dal cliente a titolo di interessi attivi pari al 26%.

I titolari di conto deposito devono pagare le tasse gravanti su di esso in ragione dell’imposta di bollo posta pari allo 0,20% dell’importo depositato fino ad una giacenza media di 5 mila euro in su. E’ pari a 1 euro, per le giacenze sotto questa soglia.

La tassazione conto deposito è conosciuta anche come mini-patrimoniale. La sua denominazione deriva dal fatto che trattasi di imposta progressiva, applicata proporzionalmente all’importo depositato. Oggi è possibile risparmiare sull’imposta di bollo scegliendo banche online che si fanno carico di questa spesa.

I conti deposito senza imposta di bollo sono abbastanza convenienti e presentano tutte le caratteristiche del conto deposito tradizionale.

Tassazione conto deposito: le eccezioni

Esiste anche le eccezione alla tassazione conto deposito ed è quella relativa all’assegno famigliare. Il regolamento infatti dice che:

Ai fini dell’assegno, nel calcolo del reddito familiare si considerano anche i redditi esenti da imposta e quelli soggetti a ritenuta d’imposta alla fonte o a imposta sostitutiva e che superano € 1.032,92. Tra questi: pensioni sociali, pensioni e indennità o assegni erogati a ciechi, sordomuti e invalidi civili; assegni accessori alle pensioni privilegiate di prima categoria; interessi sui depositi e sui conti correnti postali e bancari, interessi da Cct, Bot e da altri titoli di stato; vincite del lotto e dei concorsi”.

Maggiori approfondimenti:

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