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In caso di aumento di capitale con diritto di opzione, agli azionisti viene riconosciuto il diritto di aderire all’aumento di capitale in proporzione alle azioni già possedute, al fine di consentire a questi ultimi di mantenere anche dopo l’operazione di ricapitalizzazione, sempre qualora lo desiderino, la medesima quota posseduta nel capitale della società prima dell’aumento di capitale.

La legge fissa in 30 giorni il termine per l’esercizio del diritto di opzione, tuttavia qualora gli azionisti non siano interessati a mantenere la medesima quota di capitale sottoscrivendo le nuove azioni, il diritto di opzione può essere ceduto a terzi dietro pagamento di un corrispettivo. Questo consente quindi agli azionisti di monetizzare la diminuzione della loro quota nel capitale della società conseguente l’aumento di capitale.

La vendita in tal caso avviene mediante cessione sul mercato, essendo tali diritti oggetto di una quotazione, seppure soltanto durante un periodo di tempo limitato, solitamente coincidente con quello in cui si svolgono le operazioni connesse all’aumento di capitale stesso. I diritti di opzione, dunque, potranno essere ceduti sia ai vecchi azionisti, intenzionati a sottoscrivere una quota di aumento di capitale superiore a quella di loro spettanza, sia a coloro che vorranno entrare nel capitale della società che esegue l’aumento di capitale utilizzando come veicolo per farlo l’acquisto dei diritti di opzione, con successiva sottoscrizione delle azioni di nuova emissione.

Sempre riguardo alla vendita del diritto di opzione, in caso di aumento di capitale gli organi di Borsa andranno a stabilire la data a partire dalla quale l’azione quoterà al netto del valore del diritto di opzione,  che coincide con la data di inizio della quotazione di tali diritti. Pertanto, prima di quella data la quotazione sarà “cum diritto”, mentre successivamente la quotazione sarà “ex diritto”. Le azioni si chiameranno rispettivamente “piene” e “optate”.

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