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Al momento della stipula di un contratto di affitto, le parti prevedono solitamente il versamento a carico dell’inquilino di una caparra pari a due o tre mensilità, trattenuta dal proprietario dell’immobile a titolo di garanzia per eventuali danni o morosità e restituita all’inquilino al momento della risoluzione del contratto.

Al riguardo, la legge prevede che la caparra versata dall’inquilino produce sempre interessi, anche nel caso in cui il contratto di affitto non lo preveda o addirittura preveda il contrario. Una clausola di questo tipo è infatti nulla, come confermato più volte dalla Corte di Cassazione, che in più occasioni ha ribadito l’inderogabilità dell’obbligo di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale. Lo scopo della norma è quello di tutelare il contraente più debole, in questo caso il conduttore, onde evitare che il mancato riconoscimento degli interessi possa nascondere un incremento abusivo del canone di locazione.

Esiste però un’ipotesi, unica, in cui il locatore può non corrispondere gli interessi al conduttore: si tratta del caso in cui tali interessi sarebbero ormai prescritti. In particolare, il diritto del conduttore ad ottenere la restituzione della caparra si prescrive in dieci anni, mentre il diritto ad ottenere il pagamento degli interessi sulla stessa si prescrive in cinque anni. Ne deriva quindi che se il conduttore non richiede tali interessi entro cinque anni dalla cessazione del contratto di affitto, questi si prescrivono e il diritto ad ottenerli decade.

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