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Il Decreto Legge 66 del 2014 in vigore dal 1 luglio 2014 ha profondamente cambiato la tassazione sulle rendite finanziarie in Italia.

Essendo le obbligazioni un particolare strumento finanziario anche le tasse che si pagano sui bond sono state oggetto di revisione.

Al termine del processo di verifica, la tassazione sulle obbligazioni è stata sostanzialmente confermata al livello precedente. La conferma ha riguardato le tasse sui titoli di stato che saranno il tema di questo post.

Tasse sui titoli di stato (BTP, BOT, CTZ e CCT)

In base alla normativa oggi vigente la tassazione sulle rendite relative ai titoli di stato è stata confermata al 12,5%.

Questa aliquota si paga su BTP (anche BTP indicizzati all’inflazione), BOT, CTZ E CCT. Non solo. Rientrano nell’aliquota del 12,% anche le tasse su titoli di stato esteri (se riferiti a paesi che fanno parte della whit list), bond emessi da enti locali, bond emessi da organismi internazionali.

Sempre l’aliquota al 12,5% è anche applicata anche sugli interessi se essi sono previsti dallo strumento detenuto. Un esempio in tal senso è rappresentato dagli interessi semestrali sui BTP.

Su questi, in base alla normativa vigente, si paga una tassa del 12,5%. Nel caso delle obbligazioni zero coupon, ossia CTZ zero coupon ma anche BTP zero coupon ossia senza remunerazione cedolare, la tassazione del 12,5% viene applicata sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita del titolo.

In caso di minusvalenze, esse saranno conteggiate al 12,5%.

Per approfondire>>>Tassazione rendite finanziarie 2019

Tassazione Titoli di Stato fino 2011

La tassazione sulle rendite finanziarie in Italia ha cambiato decisamente volto negli ultimi mesi, a seguito dell’introduzione del decreto Salva Italia n. 201 del 2011.

La modalità di calcolo dell’imposta di bollo applicata al deposito titoli è stata rivista. Inoltre, ci sono state variazioni anche per ciò che concerne l’applicazione dell’aliquota fiscale sulle plusvalenze maturate.

Qualcosa è cambiato anche per le obbligazioni. Essendo questo asset piuttosto variegato, bisogna distinguere tra i bond pubblici e quelli emessi dalle società (comprese banche e compagnie assicurative). Iniziamo dal regime fiscale sul capital gain e le rendite finanziarie.

Il decreto Salva Italia ha previsto che l’aumento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva al 20% dal precedente 12,5%.

Le plusvalenze maturate dall’investimento in obbligazioni societarie (corporate bond) saranno tassate con un’imposta del 20%. Non è cambiata, però, la tassazione sui titoli di stato, ovvero i vari BTP, BOT, CTZ, CCTeu e BTP€i. L’aliquota fiscale sui bond governativi resta ferma al 12,5%.

L’investimento in obbligazioni comporta anche l’applicazione della cosiddetta “patrimonialina”, cioè l’imposta di bollo proporzionale introdotta dal governo Monti pari allo 0,15% della somma investita. L’imposta prevede un esborso minimo di 34,2 euro e nessun tetto massimo (nel 2012 era prevista una soglia limite di esborso pari a 1.200 euro, in caso di importi investiti molto elevati). Ciò vale sia per i titoli di stato che per i corporate bond.

Le obbligazioni non sono, però, assoggettate alla cossiddetta Tobin tax, ovvero la tassazione sulle transazioni finanziarie introdotta a partire dal 2013. Sia i bond societari che i titoli di stato non sono soggetti all’applicazione dell’imposta, contrariamente a quanto accade invece per le azioni italiane, i derivati e le transazioni ultra-veloci denominate high-frequency trading.

Tassazione titoli di Stato dopo il 2011

Il Decreto Salva Italia n. 201/2011 ha cambiato le carte in gioco nel settore degli investimenti, con importanti modifiche nelle modalità di tassazione sia per ciò che concerne l’imposta di bollo sia per il regime fiscale su capital gain e rendite finanziarie.

I titoli di stato sono stati gli strumenti finanziari più “protetti” dalla mano pesante del Fisco, anche se l’imposta di bollo colpisce ugualmente i titoli emessi dal Tesoro allo stesso modo degli altri investimenti finanziari.

Il bollo proporzionale è pari allo 0,15% del capitale investito.

L’imposta di bollo prevede un importo minimo di 34,2 euro, mentre non è previsto alcun tetto massimo come avveniva invece nel 2012 (soglia limite del bollo a 1.200 euro).

Per quanto riguarda il regime fiscale, le imposte dovute sui rendimenti dei titoli di stato italiani ammontano al 12,5% dell’interesse percepito. Le plusvalenze che derivano dalla vendita dei titoli di stato sono assoggettate a un’aliquota fiscale del 12,5%.

Ciò vuol dire che la recente riforma della tassazione del risparmio in Italia non ha colpito i titoli di stato, come avvenuto per azioni e derivati.

Tra l’altro sui titoli di stato non viene applicata nemmeno la Tobin tax, che invece colpisce pesantemente l’operatività sull’azionario italiano (tranne il trading intraday) e quella sui derivati finanziari che hanno per sottostante l’indice azionario italiano e similari.

Insomma, i titoli di stato italiani sono esenti dalla Tobin tax.

I titoli pubblici emessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sono i vari Buoni del Tesoro poliennali (BTp), i Buoni ordinari del Tesoro (BoT), i Certificati del Tesoro zero coupon (CTz), i Certificati di credito del Tesoro (CcT). Su questi titoli si applica l’aliquota fiscale del 12,5% e l’imposta di bollo dello 0,15%, ma non la Tobin tax.

Titoli di stato e fallimento della banca

Cosa succede ai titoli di stato acquistati mediante la nostra banca, se la stessa va in fallimento?

Nel caso di malaugurata ipotesi di crack bancario, non bisogna temere per la sicurezza del patrimonio investito in titoli di stato.

Infatti, gli investimenti effettuati dal risparmiatore privato attraverso la banca vengono separati dal patrimonio dell’istituto di credito e segregati in conti diversi. Infatti, il deposito titoli messo a disposizione del risparmiatore per fare investimenti, non è altro che un servizio di custodia degli stessi che non rientra però nel bilancio della banca.

I titoli di stato sono investimenti apparentemente sicuri. La recente crisi del debito sovrano europeo ha fatto capire agli investitori che anche i paesi più sviluppati possono avere problemi e sperimentare un crollo del valore dei propri titoli di stato. Quando si investe in bond pubblici l’unico verso rischio per il risparmiatore è il fallimento dello Stato sovrano che li ha emessi.

In questo caso il risparmiatore può perdere tutto il denaro investito nei titoli di stato. Storicamente i paesi sviluppati non hanno più avuto problemi di questo tipo a partire dal secondo dopoguerra.

L’unico paese che ha sperimentato un “default tecnico” è stato la Grecia, che tra il 2010 e il 2012 è stato salvato da Fmi-Ue-Bce con un piano di ristrutturazione del debito, che ha provocato perdite superiori al 50% del valore nominale dei titoli pubblici.

Più che un default totale, per lo Stato sovrano è più probabile la ristrutturazione del debito (o il suo riscadenziamento). Tuttavia, seppur in misura minore, anche questa prassi è negativa per il risparmiatore, che può perdere buona parte del denaro investito in questi titoli di stato oggetto della ristrutturazione.

I rischi maggiori arrivano quando si investe in titoli di stato di paesi emergenti con rating molto basso (non-investment grade): qui c’è il rischio di assistere a default totali o parziali fino all’80% del valore nominale dei titoli.

Tobin tax sui derivati

La Tobin tax sui derivati è la tassa sulle transazioni finanziarie aventi per oggetto gli strumenti finanziari derivati partirà in Italia a partire dal 1° settembre 2013.

Dopo il lancio della Tobin tax sulle azioni italiane, ecco dunque anche la tassa sui derivati che comunque prevede l’applicazione di un’aliquota fiscale poco significativa per i prodotti che hanno come sottostante le azioni e gli indici italiani. La Tobin tax non sarà applicata, invece, su valute, commodity e tassi di interesse.

La Tobin tax sui derivati colpirà duramente i cosiddetti contract for difference (CFD), legati alle azioni o agli indici italiani tradati nell’intraday. Sui CFD che hanno come sottostante indici esteri (ad esempio il Dax o l’Eurostoxx), la Tobin tax non è prevista per il trading intraday. Bisogna ricordare che la tassa sarà applicata su qualsiasi tipo di operazione effettuata sui derivati, sia in ottica intraday che multiday (ovvero portando overnight la propria posizione).

C’è quindi una differenza rispetto alla Tobin tax sulle azioni italiane, che riguarda solo l’operatività multiday.

A pagare la tassa saranno sia il compratore che il venditore del contratto (per le azioni a pagare è solo chi compra il contratto). Andiamo ora a vedere i dettagli relativi alla Tobin tax sui derivati. La tassa su un lotto del principale indice di Piazza Affari, ovvero il Ftse Mib, costerà 0,15 euro.

Per i certificates, opzioni e covered warrant, la Tobin tax si applicherà sul valore della transazione, ovvero quanto pagati per il contratto derivato. Per quanto riguarda i CFD sulle azioni italiane, ogni singola transazione costerà:

  • 5 euro (se il valore dell’operazione è compreso tra 10mila e 50mila euro);
  • 10 euro (se il valore dell’operazione è compreso tra 50mila e 100mila euro).
  • Per le transazioni con valore inferiore a 10mila euro si pagheranno cifre davvero irrisorie. La Tobin tax non si pagherà sulle azioni e gli indici esteri.

Il Decreto Legge 66 del 2014 entrato in vigore dal 1 luglio 2014 ha cambiato la tassazione sulle rendite finanziarie in Italia introducendo un inasprimento delle aliquote. Tranne alcune eccezioni, le tasse sugli strumenti finanziari in Italia hanno tutte registrato un aumento.

Essendo i derivati un particolare strumento finanziario anche le tasse che si pagano su di loro sono state oggetto di revisione. Prima di scendere nel dettaglio definendo quello che è l’ammontare dell’aliquota è bene precisare che sotto la fattispecie dei derivati rientrano una pluralità di strumenti finanziari. Sono considerati derivati: le opzioni, gli swap, i future, i certificates e i CFD.

In tutti questi casi l’aliquota applicata è del 26%. Questo è il livello della tassazione anche per quello che riguarda il CFD Trading.

Ad esempio se apri un conto su eToro e scegli di investire in azioni attraverso i CFD, pagherai un’aliquota del 26% sui profitti.

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Tasse sui derivati: vecchia normativa

I derivati finanziari sono contratti caratterizzati dal fatto che il prezzo è basato sul valore di mercato di una particolare attività sottostante, che può essere un’azione, commodity, valuta, tassi, indici e così via. Questi strumenti finanziari sono utilizzati principalmente per scopi di copertura del rischio (hedging), ma anche per arbitraggio e speculazione.

La tassazione di questi strumenti finanziari è cambiata a partire dal 1° gennaio 2012, data a partire dalla quale è avvenuta una vera e propria svolta per la tassazione delle rendite finanziarie. Anche i derivati hanno sperimentato importanti modifiche.

L’aliquota fiscale sui redditi da capitale e sui redditi diversidi natura finanziaria è stata alzata al 20% dalla precedente aliquota del 12,5%. Secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo 138/2011, successivamente convertito con modificazioni nella Legge 148/2011, la tassazione sui derivati prevede dunque l’applicazione di un’aliquota fiscale del 20%.

Tra gli strumenti finanziari derivati rientrano i contratti a termine, i futures, le opzioni, gli swap.

Bisogna ricordare che, anche se ogni giorno vengono effettuati movimenti di liquidità, in entrata o in uscita, per il mantenimento del margine sul conto derivati, ai fini fiscali l’utile e la perdita si definiscono soltanto al momento della chiusura delle posizioni. Sui derivati incombe, però, anche un’altra imposta.

Si tratta della nuova “Tobin tax” all’italiana, ovvero la tassazione sulle transazioni finanziarie. Su questo punto bisogna fare alcune precisazioni importanti.

L’imposta colpisce i derivati italiani, come i futures, i covere warrant, le opzioni e i CFD sulle azioni italiane e sull’indice azionario italiano FTSE MIB. L’imposta è pari allo 0,22% per il 2013 e dello 0,2% nel 2014. La Tobin tax italiana esclude i derivati su indici e azioni estere, i derivati sui tassi di interesse e sulle materie prime (commodity).

Ciò vuol dire che derivati esteri molto liquidi, come il Bund future, il Dax future e l’Eurostoxx future, saranno esentati dall’imposta, mentre il future sull’indice FTSE MIB no. A differenza delle azioni, viene colpita sia il trading intraday che quello multiday. Paga sia il compratore che il venditore.

Come non pagare la Tobin tax

Dal 1° marzo 2013 è entrata in vigore l’imposta sulle transazioni finanziarie, denominata Tobin tax, che dal 1° luglio 2013 si applicherà anche gli strumenti finanziari derivati.

La tassa dovrà essere versata in via ordinaria entro il giorno 16 del mese successivo all’operazione. Tuttavia, per consentire i cambiamenti nelle procedure degli intermediari finanziari, per i trasferimenti effettuati a marzo, aprile e maggio 2013 il versamento dell’imposta è differito al 16 luglio 2013.

Ad ogni modo la Tobin tax non colpisce tutti gli strumenti finanziari, per cui in certi casi non deve essere pagata.

La Tobin tax deve essere pagata dal soggetto a favore del quale avviene il trasferimento della proprietà, ovvero chi compra le azioni, gli strumenti finanziari partecipativi o titoli rappresentativi di questi.

Per le transazioni su derivati, l’imposta deve essere versata da entrambe le controparti dell’operazione. Tuttavia, l’imposta non si applica se il trasferimento della proprietà avviene per successione o per donazione.

La Tobin tax non si paga nemmeno per le operazioni di emissione di azioni o di annullamento delle azioni, oppure nel caso di conversione in azioni di nuova emissione e di acquisizione temporanea di titoli.

La tassa non si paga se l’operazione su un titolo azionario sarà chiusa entro la fine della giornata (trading intraday), mentre viene colpito il trading multiday, ovvero se si porta una posizione overnight.

Esclusa dalla Tobin Tax è invece la finanza etica. La tassa non si paga per le operazioni sui titoli di stato e di risparmio gestito.

Per le azioni con market cap inferiore a 500 milioni di euro e sede all’estero la tassa non è prevista. Inoltre, non bisognerà pagare la Tobin tax nemmeno in caso di compravendita di valute estere (forex), materie prime (commodity) e obbligazioni.

Esenti anche le operazioni degli enti previdenziali e dei fondi pensione.

Tassazione azioni

Quali sono le tasse che si pagano sulle azioni? Questa domanda è un pò la croce di ogni investitore.

E’ ovvio, infatti, che a nessuno piace pagare tasse e imposte sul proprio investimento. Invece anche lo stato vuole la sua parte (in caso ovviamente di guadagni) e quindi la tassazione sulle azioni diventa un argomento di cui ogni investitore deve essere a conoscenza.

Attenzione: in questo post parleremo della tassazione sulle azioni e non della tassazione sugli strumenti derivati che replicano l’andamento di un titolo. Se sei solito investire in azioni attraverso i CFD, quindi, il post cui fare riferimento è: Tassazione derivati.

In base alla nuova normativa ad oggi in vigore (anno 2019), l’aliquota applicata sulle rendite finanziarie è generalmente del 26%. Le azioni rientrano in questa aliquota.

Il riferimento normativo nuovo è il decreto legge 66/2014 entrato in vigore il primo luglio 2014. La tassazione del 26% si applica sulla differenza tra il prezzo di vendita (al netto delle commissioni) e il prezzo di acquisto comprensivo delle commissioni.

Ci sono ovviamente situazioni più particolari: se l’azione viene comprata in tranche diverse allora per il calcolo del prezzo di carico sarà necessario tenere in considerazione la media ponderata dei prezzi che sono statei pagati per ogni operazione.

La tassazione del 26% si applica anche sui dividendi azionari. Per approfondire l’argomento, il post di riferimento è questo. Per approfondire>>>Tassazione rendite finanziarie 2019

Tassazione azioni normativa fino al 2014

A partire dal 2012 la tassazione sulle rendite finanziarie ha subito uno stravolgimento. Anche le azioni non sono scappate alla mano pesante del Fisco, con effetti negativi per le tasche degli investitori.

Innanzitutto il decreto “Salva-Italia” ha modificato il regime fiscale sul capital gain e le rendite finanziarie. L’aliquota fiscale del 12,5% dell’imposta sostitutiva è stata aumentata al 20%.

Tutte le minusvalenze accantonate al 31 dicembre 2011, in regime amministrato, possono essere portate in deduzione dalle eventuali plusvalenze realizzate successivamente, per una quota pari al 62,5% del loro ammontare complessivo.

Tutte le minusvalenze accantonate a partire dal 1° gennaio 2012 saranno invece riconosciute per il 100% del loro ammontare. Tuttavia, la tassazione sulle azioni non finisce qui.

E’ stata introdotta anche la cosiddetta Tobin tax, ovvero la tassazione sulle transazioni finanziarie, che nasce con l’intento di mettere un freno agli scopi speculativi delle grandi istituzioni finanziarie mondiali. La tassa rischia, però, di colpire soprattutto i piccoli trader privati, che con la speculazione internazionale non hanno nulla a che vedere.

La Tobin tax sulle azioni italiane è scattata il 1° marzo 2013. L’imposta è pari allo 0,12% delle operazioni del controvalore di giornata. Si applica ai trasferimenti di titoli e strumenti partecipativi emessi da società sul territorio italiano.

Dal 2014 limposta sarà pari allo 0,1% del controvalore di fine giornata. La Tobin tax colpisce solo le transazioni sulle azioni con operatività multiday. Viene colpito quindi il trading overnight sulle azioni, mentre lo scalping e il day-trading non sarà tassato.

Se si comprano 1.000 euro di azioni e si mantengono per tutta la seduta di borsa, si applicherà l’imposta dello 0,12% sul controvalore totale dell’acquisto, ovvero 1.000 * 0,0012 = 1,2 euro. Se a fine giornata si vendono 800 euro di azioni su 1.000 euro di partenza, l’imposta si calcola solo sul saldo di 200 euro, per cui 200 * 0,0012 = 0,24 euro.

Se le azioni vengono rivendute tutte entro fine giornata, la Tobin Tax non si applica.

Sono esenti dalla Tobin Tax anche le azioni di società con market cap inferiore a 500 milioni di euro: la capitalizzazione sarà comunicata ogni anno.

Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento. Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa scritti direttamente dai nostri Clienti.
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