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Doccia fredda per l’Italia: l’agenzia di rating Moody’s ha peggiorato le stime sull’economia italiana tagliando le previsione sul Pil dell’intero 2014: dallo 0,5% allo 0,1%. L’analisi di Moody’s arriva dopo le revisioni al ribasso delle stime sul Pil del Bel Paese.

Agli esperti dell’agenzia di rating Moody’s non piace la lentezza con la quale l’esecutivo italiano sta perfezionando le riforme, per cui hanno tagliato le stime sul Pil, che dalle precedenti previsioni di crescita dello 0,5, è passato allo 0,1%.

Moody’s ha spiegato che la decisione di abbassare le stime sull’Italia è arrivata alla luce dei recenti dati sul Pil (si veda: Italia in recessione tecnica e situazione di Piazza Affari): l’autorevole agenzia di rating americana ritiene che sarà alquanto difficile per il Paese ridurre deficit e debito pubblico, ma soprattutto implementare le riforme strutturali. Per Moody’s l’Italia vivrà il suo terzo anno di recessione, nonostante la misura degli 80 euro entrata in vigore a giugno.

Se Moody’s è la prima a prevedere il segno meno per l’Italia, non è la prima a mostrarsi scettica sulle possibilità di ripresa del Paese: anche altri analisti hanno espresso perplessità sulle potenzialità economiche italiane. Ad esempio, Goldman Sachs ha suggerito di smettere i comprare BTp. Così come Barclays che ha annunciato di aver interrotto gli acquisti su Bonos e Btp; anche Morgan Stanley ha espresso il proprio scetticismo sulle possibilità dell’Italia di ridurre il debito pubblico.

Le stime di Moody’s prendono le mosse dall’ultimo dato sul Pil che è sceso dello 0,2% nel secondo trimestre dell’anno; questo ha indotto gli analisti a rivedere le stime dell’intero anno e a ricalcolare deficit e debito. L’agenzia infatti, ha alzato le sue attese sul rapporto Debito/Pil al 136,4% rispetto al precedente 135,8%, e dichiarato che vede il rapporto Deficit/Pil al 2,7%.

Secondo gli esperti, la diminuzione del Pil, oltre a minare la politica di consolidamento fiscale del Governo, complicherà la messa a punto delle riforme di Renzi, anche considerando che l’Italia, come dimostra l’indice dell’Ocse sulla reattività alle riforme, è il Paese del Sud Europa meno veloce a progredire.

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