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Ampiamente attese, le decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea sono puntualmente arrivate. Tuttavia, almeno a giudicare dalla reazione piuttosto negativa dei principali mercati finanziari internazionali, il pacchetto di misure presentato dall’Eurotower non sia stato sufficiente ad accontentare le attese degli stakeholders e, di conseguenza, dovrebbe essere quasi irrilevante a influenzare il cambio euro/dollaro nei giorni precedenti la decisione, ben più significativa, della Federal Reserve.

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Tuttavia, guai a pensare che le misure poste in essere dalla BCE siano scarsamente rilevanti o non siano comunque il frutto di importanti sforzi, compiuti nei limiti del potere decisionale di Mario Draghi.

In primo luogo, infatti, il tasso di interesse sui depositi è stato tagliato da -0,20% a -0,30%, mentre gli altri tassi di riferimento (che comunque non sono particolarmente significativi, in un contesto – quale questo – di forte eccesso di liquidità) non sono stati mossi. Ebbene, è evidente che la BCE abbia effettivamente fatto meno del previsto (mancano ad esempio delle misure tecniche aggiuntive per punire gli eccessi di riserve oltre soglie predeterminate, che invece si erano ipotizzate come alternativa o integrazione al taglio), ma è comunque un primo passo che va letto in sinergia con gli altri intenti.

La BCE ha infatti annunciato anche l’estensione della piena allocazione sull’operazione principale di rifinanziamento e sulla LTRO trimestrale a tutto il biennio 2016-17, con una presa di posizione che assicura il fatto che la Banca centrale non ripristinerà il razionamento della liquidità prima di fine 2017 e, quindi, fino ad allora i tassi di mercato monetario continueranno ad essere guidati dal tasso sui depositi.

In integrazione a quanto sopra ricordato, la BCE ha annunciato l’estensione dell’APP fino al marzo 2017, lasciando però intendere che è altresì pronta a estenderlo ulteriormente, qualora necessario. Inoltre, la BCE ha annunciato il reinvestimento della quota capitale dei titoli nel portafoglio APP che andranno in scadenza, oltre all’estensione degli acquisti alle emissioni dei governi locali. Quantitativamente, l’estensione a volumi invariati equivale a 60 miliardi di euro al mese per sei mesi, o – se preferite – 360 miliardi di euro in totale.

Ancora, ricordiamo che sebbene nelle sue dichiarazioni Draghi abbia parlato molto meno di rischi, non c’è nulla nel comunicato letto da Draghi e nelle sue risposte che induca ad escludere la possibilità di nuove misure espansive in futuro, se la situazione lo richiederà. Dunque, guai anche a pensare che “tutto” sia finito qui, considerato anche che il Consiglio ha precisato di voler rimanere in una condizione di monitoraggio vigile della situazione, essendo pronto ad agire utilizzando tutti gli strumenti disponibili.

Considerato quanto sopra, difficilmente le scelte di politica monetaria ultraespansiva della BCE avranno concreti effetti sul rilanciare la crescita della spesa privata. Le misure adottate fino ad oggi hanno già reso l’accesso al credito il minore dei problemi per le imprese europee, e il problema sembra dunque essere orientato dall’altra parte della bilancia (ovvero, la domanda).

Sul fronte dei cambi, abbiamo già ricordato come scarso o nullo è stato l’effetto delle decisioni della BCE. Molto potrebbe invece cambiare, come più volte sottolineato, con l’avvicinarsi della scadenza del 15/16 dicembre, quando la Federal Reserve dovrebbe licenziare una politica di tassi al rialzo, per la prima volta dal 2006.

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