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Ieri, dopo la chiusura del mercato, Eni ha comunicato di aver interrotto la valutazione delle opzioni per la vendita della quota in Saipem; la sospensione della cessione è negativa per la struttura patrimoniale del colosso energetico.

Eni detiene circa il 43% del capitale del gruppo attivo operante ella prestazione di servizi per il settore petrolifero e ieri ha comunicato di  aver interrotto la valutazione delle opzioni per la vendita della quota in Saipem a causa della debolezza del prezzo del petrolio e del crollo della quotazione del titolo in borsa.

Nell’ultimo mese, infatti, Saipem ha perso oltre il 30% e circa il 44% da inizio anno (per maggiori informazioni si veda: Crollo del titolo Saipem a Piazza Affari). La decisione di vendere la controllata era stata presa a luglio, quando Eni aveva comunicato che l’asset non era ritenuto più strategico nell’ambito della nuova struttura organizzativa scelta da Claudio Descalzi, il nuovo amministratore delegato di Eni che, invece, riteneva più opportuna una focalizzazione sul business oil e gas.

Gli analisti sono concordi nel sostenere che la cessione di Saipem sarebbe stata per Eni uno dei  catalizzatori a sostegno della generazione di cassa a compensazione  delle perdite derivanti dal più basso prezzo del greggio. Gli esperti di Equita sim hanno, tuttavia, confermato il target price per Eni a 19 euro e per Saipem a 13,2 euro, nonché il rating “hold” (mantenere). Secondo Equita, però, è soltanto una questione di tempo: la cessione di Saipem verrà riproposta alla stabilizzazione dello scenario di mercato sul fronte prezzo del petrolio, e non esclude l’ipotesi, peraltro già paventata, di un aumento di capitale per rafforzare la struttura patrimoniale di Saipem.

Dello stesso avviso sono anche gli analisti di Baca Akros, quelli di Icbpi e quelli di Banca Imi, che prevedono altre cessioni da parte di Eni.

Intanto, questa mattina, a Piazza Affari il titolo Saipem ha segnato un nuovo minimo dell’anno a 8,215 euro, livello che non vedeva da agosto 2004.

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